Pollicino

Tra le fiabe più amate e tramandate di generazione in generazione, “Pollicino” racconta la storia di un bambino minuscolo ma straordinariamente intelligente, capace di superare prove difficili grazie alla sua astuzia. Questo racconto è ricco di insegnamenti preziosi per i più piccoli: dimostra che la grandezza non si misura in altezza, ma nel coraggio e nell’ingegno. Perfetta per la lettura serale, questa fiaba porterà i lettori in un mondo magico fatto di boschi incantati, giganti spaventosi e avventure incredibili.


Pollicino

C’era una volta una povera coppia di contadini che viveva in una piccola casa ai margini di un grande bosco. Erano molto umili e lavoravano duramente per sfamare i loro sette figli. Il più piccolo di tutti era Pollicino, un bambino così minuto che alla nascita era grande quanto un pollice.

Nonostante la sua statura minuscola, Pollicino era il più furbo e intelligente tra i fratelli. Ascoltava sempre con attenzione, osservava ogni cosa e trovava soluzioni dove gli altri vedevano solo problemi.

Il triste piano dei genitori

Un anno, una terribile carestia colpì il regno. I raccolti si seccarono, il grano scarseggiava e il pane divenne un lusso. I genitori di Pollicino, disperati e senza più nulla da dare ai loro figli, presero una decisione terribile: portare i bambini nel bosco e abbandonarli, sperando che almeno qualcuno più ricco li trovasse e li adottasse.

Pollicino, che aveva il sonno leggero, ascoltò il piano dei genitori mentre parlavano nella notte. Sebbene fosse spaventato, decise di non arrendersi e trovare un modo per salvare i suoi fratelli.

Mentre tutti dormivano, Pollicino uscì di casa e raccolse piccoli sassolini bianchi, mettendoseli in tasca.

All’alba, i genitori chiamarono i bambini e li portarono nel bosco con una scusa. Lungo il cammino, Pollicino lasciava cadere i sassolini, segnando la strada del ritorno.

Dopo aver camminato a lungo, i genitori trovarono una radura e dissero:

«Aspettate qui, torniamo subito con del cibo.»

Ma non tornarono mai più.

I fratelli, terrorizzati, iniziarono a piangere, ma Pollicino li rassicurò:

«Non temete! Seguiamo i sassolini e torniamo a casa.»

Grazie alla sua astuzia, trovarono facilmente la strada del ritorno.

Il secondo abbandono e le briciole di pane

Quando i genitori videro i figli tornare, furono sollevati ma anche ancora più disperati: non avevano nulla da offrire loro.

Passarono pochi giorni e la fame divenne insopportabile. Non vedendo alternative, i genitori decisero di abbandonarli di nuovo, ma questa volta Pollicino non ebbe il tempo di raccogliere sassolini.

Dovette accontentarsi di sbriciolare il pane e lasciare cadere le briciole lungo il sentiero.

Ma quando tentarono di tornare indietro, scoprirono con orrore che gli uccelli avevano mangiato tutte le briciole!

Ora erano davvero perduti nel profondo del bosco.

L’incontro con l’Orco

Camminarono per ore, affamati e stanchi, finché giunsero a una casa enorme e misteriosa. Bussarono alla porta e venne ad aprire una donna gentile, che li guardò con pietà.

«Fuggite, bambini!» sussurrò. «Qui vive un orco crudele! Se vi trova, vi mangerà!»

Ma i piccoli erano così stanchi e affamati che supplicarono la donna di lasciarli entrare.

«Forse mio marito non si accorgerà di voi…» disse con esitazione, facendoli entrare.

Ma proprio in quel momento la porta si spalancò ed entrò il terribile Orco, un essere alto e minaccioso con occhi rossi e denti affilati.

«Sento odore di bambini!» ruggì.

La moglie cercò di calmarlo: «Sono solo viandanti affamati. Lasciali riposare, mio caro.»

L’Orco, brontolando, accettò di non mangiarli subito e li fece sistemare in una stanza. Ma Pollicino sospettava che l’Orco non avrebbe mantenuto la parola.

Lo scambio dei berretti e la fuga

Durante la notte, mentre tutti dormivano, Pollicino si accorse che l’Orco si era alzato e stava andando nella loro stanza con un coltello affilato per sgozzarli.

Pensando in fretta, scambiò i berretti dei suoi fratelli con quelli delle sette figlie dell’Orco, che dormivano nello stesso letto.

Nella penombra, l’Orco si confuse e finì per uccidere le sue stesse figlie.

Quando al mattino si rese conto dell’errore, ruggì di rabbia e si mise a inseguire i bambini, che nel frattempo erano fuggiti nel bosco.

Gli stivali delle Sette Leghe

L’Orco, per inseguirli, indossò i suoi stivali delle Sette Leghe, che gli permettevano di fare passi lunghissimi e coprire enormi distanze in pochi secondi.

Ma Pollicino, con astuzia, si nascose dietro un grande cespuglio e aspettò che l’Orco si addormentasse per la stanchezza.

Quando il mostro si sdraiò sotto un albero, Pollicino gli sfilò gli stivali magici e li indossò. Sebbene fossero grandi, grazie alla magia si adattarono ai suoi piccoli piedi.

Ora era lui ad avere il potere di viaggiare velocemente!

Grazie agli stivali, Pollicino raggiunse il palazzo del Re e raccontò tutto ciò che era accaduto.

Il Re, colpito dalla sua intelligenza, lo ricompensò con oro e terre, e gli chiese di restare a corte.

Ma Pollicino non dimenticò la sua famiglia. Tornò dai genitori e li salvò dalla miseria, portando ricchezza e prosperità alla sua casa.

Da quel giorno, nessuno lo considerò più un bambino insignificante. Era diventato un vero eroe.


Morale della favola

La grandezza non dipende dalla statura, ma dall’intelligenza e dal coraggio. Anche chi è piccolo può compiere imprese straordinarie se usa la mente e non si lascia abbattere dalle difficoltà.

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